Eremo di San Michele Arcangelo

Il sole sale sempre più allo zenit in una limpida giornata estiva, l’acqua negli zaini è appena sufficiente, il desiderio di raggiungere la meta è tra i nostri sogni da tempo, ma siamo leggermente in ritardo sulla tabella di marcia.

Come nostra consuetudine, guardandoci negli occhi, pensiamo anche questa volta che l’importante sia iniziare, e così un passo dopo l’altro, una foto alla volta, respiro dopo respiro, seguiamo il costone roccioso lungo il percorso verso la cima del Monte Redentore (1250 m s.l.m.) fino a ritrovarci dinanzi all’Eremo di San Michele Arcangelo.

L’emozione è tanta, la struttura incastonata nella montagna in tutta la sua magnificenza, incredibilmente disegnata dalla mano dell’uomo ed ospitata alla perfezione dalla natura, appare quasi come un enorme puzzle dove tutto combacia.

Gli scatti si susseguono mentre ascoltiamo il ticchettio dell’acqua scivolare dalle pareti di roccia all’interno della Chiesa, ed all’esterno le gocce vengono raccolte in vasche di pietra per gli animali da pascolo.

Il santuario rupestre si trova nel territorio di Maranola, frazione di Formia, nel Lazio.

La sua esistenza viene ricordata già nei codici medievali, la chiesetta subì nei secoli numerosi danni, così nel XIX secolo si decise di procedere ad una nuova costruzione, visibile tutt’oggi.

All’esterno possiamo ammirare una facciata squadrata con un rosone centrale, sull’arco della porta incise due date: 830 anno di fondazione del primo eremo e 5 agosto 1895 anno dell’inizio dei nuovi lavori.

Come su ogni luogo ricco di storia, anche qui aleggia una leggenda.

Si racconta infatti che la statua di San Michele Arcangelo, oggi custodita all’interno dell’Eremo, decidesse da sola dove dimorare ed abbia cambiato “magione” rispetto all’originaria collocazione, (presumibilmente nei pressi della zona marittima), a causa del linguaggio poco consono utilizzato dai marinai, scegliendo tuttavia di continuare a proteggerli dall’alto a non troppa distanza dagli stessi…

Il fascino del folklore e delle leggende, aldilà della possibile veridicità, incrementa la bellezza e la suggestività di questo luogo, dove si fatica a percepire la separazione tra le rocce del Monte Altino e quelle della struttura in pietra.

Arriviamo quindi alla nostra personale conclusione, in alcuni luoghi esiste un filo invisibile, a malapena percettibile, costituito da echi e sussurri che provengono da lontano e che pervadono i sensi di coloro che sono pronti ad accoglierli…

Vi lasciamo con questo spunto di riflessione.

Bea